San Donato

SAN DONATO. Recupero delle rovine della chiesa altomedievale di San Donato, negli uliveti ai piedi di Castelnuovo di Farfa.

spazi consonanti - rito segreto - dettaglio allestimento

Un passo doppio tra liberazione e reintegrazione: il recupero della volumetria scomparsa

A partire dalla metà degli anni '90, la chiesa altomedievale di San Donato (IX secolo), una piccola pieve immersa negli uliveti alle pendici del borgo medievale di Castelnuovo di Farfa (RI), fu oggetto di missioni di scavo da parte del team del Prof. John Moreland dell'Università di Sheffield. Il sito archeologico era di particolare interesse perché testimonianza del passaggio dall'insediamento rurale imperiale a quello di tipo medievale.
La chiesa si articolava in una navata unica accompagnata, sul fianco settentrionale , da alcune nicche affrescate e conclusa da un'abside verso oriente. La fabbrica era stata inglobata in un disordinato manufatto rustico, di recente costruzione. Solo con gli scavi archeologici si riuscì a risalire alle fondazioni dell'abside, ormai scomparsa, e a comprendere tipologia e proporzioni della chiesa.

Le azioni di progetto: le demolizioni, le tecniche di restauro conservativo, le nuove pavimentazioni e le addizioni contemporanee

La prima azione di progetto fu quella di liberare il volume murario antico dalla più recenti superfetazioni, attraverso selettive demolizioni. Le murature in elevazione, liberate, furono consolidate diffusamente con iniezioni di malta, senza intaccare in alcun modo i paramenti esterni. Fu rinvenuto solo un isolato frammento di affresco, in corrispondenza dell'absidiola nord, anche questo consolidato sia nel suo supporto profondo, sia nella sua pellicola pittorica.

Fu realizzato un nuovo calpestio interno, cercando di accompagnare l'immagine dei ruderi archeologici con una pavimentazione povera in battuto di cemento, miscelato con le stesse sabbie del fiume Farfa con le quali erano state realizzate le malte delle murature antiche.
Tema cruciale del progetto di conservazione e presentazione della chiesa, fu quello della sua reintegrazione volumetrica. Si decise di realizzare una nuova copertura leggera, su semplici capriate metalliche, rivestita da coppi di recupero. Questa copertura non si attesta direttamente sulle creste murarie antiche; al di sotto delle nuove travi perimetrali in metallo, rimane un'asola vetrata che segue il profilo irregolare delle murature. Laddove della fabbrica antica rimane solo il tracciato di fondazione, in corrispondenza dell'abside, l'asola vetrata scende e si fa volume

La chiesa restaurata è del tutto mimetica con il paesaggio rurale se vista da lontano, ma mostra il proprio carattere originale, tra linguaggi e materiali antichi e contemporanei, se osservata da vicino.

Una strategia di tutela e valorizzazione dei beni culturali dispersi

Si decise di non abbandonare il monumento al proprio isolamento di rudere nella campagna, ma di trasformarlo nella stazione conclusiva della visita del nuovo museo diffuso sulla civiltà dell'olio e dell'olivo, dedicata al tema della sacralità dell'olio nella civiltà mediterranea. All'interno del volume restaurato in muratura, ferro e vetro, viene ripetuto un canto scritto appositamente per questo ambiente dall'artista Ille Strazza: una monodia contemporanea sulle parole latine dell'inno sulla consacrazione degli olii nel Giovedì Santo di Sant'Efrem Siro.

Lo spazio della chiesa di San Donato ha ripreso a vivere anche come luogo di spiritualità per la comunità di Castelnuovo di Farfa, sia di isolamento e preghiera, sia per celebrazioni e funzioni collettive.

La facciata di ingresso si affaccia su un piccolo uliveto dal disegno regolare che raccoglie tutte le varietà di ulivo coltivate nel Mediterraneo: il “giardino degli ulivi del mondo”. Il sito archeologico, per decenni abbandonato ed isolato, ha così ritrovato un posto nella vita della comunità.
Lo stato dei luoghi ante operam
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