Solo arte antica

LE CARTE DI MARIA LAI. UN'OPERA E UNO STRUMENTO EDUCATIVO PER L'ARTE E PER L'ARCHITETTURA. In Io capisco solo l'arte antica. Educare, apprendere e interpretare al MAXXI (a cura di Sofia Bilotta, Lida Branchesi, Walter Curzi)Con Giacomo Fuk.

La lettura dell'architettura attraverso i 'luoghi simbolici'

L’applicazione delle carte di Maria Lai alla lettura dell’architettura merita un breve approfondimento separato. Scorrendo la serie dei “luoghi simbolici”, si possono ritrovare due principali tracce d’indagine: lo spazio come luogo dell’arte e lo spazio come prodotto artistico a sé stante.

Nell’osservare l’architettura come luogo dell’arte, si prende atto della relazione vitale che esiste tra un’opera e lo spazio entro il quale questa è contenuta; relazione che, tutto fuorché marginale, costituisce spesso la più evidente cifra espressiva di un’esperienza artistica. Ogni opera d’arte - come scritto nella carta “O” dei “luoghi simbolici” - ha innanzitutto bisogno di un proprio spazio, che le permetta di respirare. Essenziale è anche la configurazione di luci e ombre, trattate qui come fossero materia tangibile, alle quali Maria Lai dedica nel complesso cinque carte. Luce interna alla figurazione e luce esterna all’opera sono messe sullo stesso piano, intrecciando i confini dello spazio espressivo dell’arte con quelli dello spazio fisico dell’esperienza. Attraverso i “luoghi simbolici” si riconosce insomma - in maniera del tutto originale - un valore poetico anche all’allestimento delle opere, che viene considerato al pari dei caratteri interni della composizione come leggerezza, peso, pieno e vuoto, di uso ben più consueto nella pedagogia della forma.
Non è difficile riscontrare un’analogia tra queste riflessioni sull’architettura come spazio per l’arte e la già citata esperienza dell’allestimento del Museo dell’olio della Sabina. L’architettura del Museo è un tutt’uno con le opere esposte: sei installazioni - e i rispettivi vuoti - saturano due piani di un palazzo rinascimentale, accompagnando il visitatore in una lenta salita dalle pendici fino al centro del borgo di Castelnuovo di Farfa. Se si osservano, poi, le prime tre opere del Museo, tutte realizzate da Lai, si fa chiara anche la sottile distinzione tra luce naturale, innaturale e artificiale, presentata nelle tre carte “P”, “Q”, “R”. La prima opera, Preambolo è all’esterno del Museo: una superficie scabra, incisa, varia nella grana e nel colore col variare d’intensità della luce naturale; nella penombra dell’ingresso si riconosce la seconda opera, L’albero del poeta, illuminata con luce innaturale, uniforme ma vibrante; nella terza, infine - nell’installazione ambientale Olio di parole - la luce artificiale diventa sostanza fisica: viene tagliata, scomposta e concentrata in un gioco di accenti scenografici.

[estratto dall'articolo pubblicato nel volume Io capisco solo l'arte antica. Educare, apprendere, interpretare al MAXXI]

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