PROLOGO AGLI SCAVI DI POMPEI. Nuovo complesso di edifici nel recinto dell'area monumentale di Pompei, progettati per introdurre i visitatori ai grandi temi degli scavi della città romana. Con Gianandrea Gazzola, Vania Gianese, Bruno Sammarco.
Il progetto di una nuova porta, fisica e simbolica, per la città archeologica
Un luogo per introdurre ciascun visitatore ai grandi temi di Pompei: l'archeologia, l'antichità romana, il tempo, il rapporto con la natura
Il progetto del prologo agli scavi di Pompei
è nato dalla richiesta dell'allora Soprintendente alla città archeologica, il professor Piero Guzzo, di introdurre la visita agli scavi con un nuovo spazio di mediazione, che raccontasse i grandi temi della città archeologica: una nuova porta di accesso, fisica e simbolica, a Pompei.
Così come una traduzione
non letterale, poetica, conserva intatto il significato di un testo antico ma, al tempo stesso, riesce a trasformarlo in qualcosa di familiare, perché lo riconduce al ritmo e al lessico dei giorni nostri, allo stesso modo, il progetto cercava di avvicinare il visitatore agli spazi della città antica, attraverso i linguaggi, contemporanei, di architettura, musica e arti visive.
Alla realizzazione del progetto era stata destinata un'area non scavata nella Regione I della città archeologica, presso l'ingresso di Porta Stabia, prima utilizzata come spazio di servizio ai cantieri di restauro degli scavi e sede di baraccamenti provvisori.
Il pianoro aveva forma quadrangolare, di estensione pari a circa due ettari; era ricoperto da vegetazione spontanea, e confinava su tre lati con gli scavi archeologici – ad una quota più bassa rispetto al piano di campagna – e sul quarto con la città moderna. In quest'area ancora si conservava la naturale percezione degli scavi come qualcosa che è al di sotto della città moderna; questa percezione si è invece persa negli altri ingressi alla città antica, come Porta Marina, dove addirittura si entra nel monumento archeologico salendo lungo l'antica massicciata stradale.
Il tema della
discesa, sia come esperienza fisica, sia come metafora dell'avvicinamento alla civiltà antica, è diventata una chiave di lettura del progetto: l'esperienza di introduzione, di “prologo” è stata infatti immaginata come un'esperienza di sprofondamento. È innanzitutto sprofondamento nell'immaginario contemporaneo su Pompei; è poi sprofondamento fisico nel terreno eruttivo del pianoro, lungo le vie della città antica, per raggiungere la quota degli scavi.


Il rapporto tra il disegno del nuovo complesso e la forma della città romana
I materiali dell'architettura: acciaio cor-ten, inerti vulcanici, vegetazione rampicante
Il nuovo organismo architettonico
si è costruito a partire dalle geometrie viarie della Pompei romana: è una articolazione di volumi liberi che si organizza attorno ad un incrocio di due strade della città antica. I corpi fuori terra sono stati disposti al centro del pianoro, in posizione ritirata; lungo gli assi viari romani, sono state progettate delle rampe in scavo per raggiungere la quota degli scavi.
Solo gli spazi per i quali era prevista l'installazione di apparati tecnologici, erano da climatizzare: rimaneva la percezione di essere in un sito archeologico, coperto e organizzato da tettoie, protetto, ma in osmosi con l'esterno.
La struttura è stata progettata in modo da essere
completamente reversibile: una costruzione metallica si poggiava su delle gabbionate riempite di inerti vulcanici a secco, che in parte emergevano dal terreno facendosi prospetto, ed in parte rimanevano sepolte funzionando come fondazione dei volumi fuori terra. I rivestimenti delle carpenterie metalliche disegnavano delle volumetrie pure di acciaio cor-ten, una materia che appare come già aggredita dal tempo. Dalle gabbionate nascevano dei graticci metallici, delle strutture di sostegno per pareti di vegetazione rampicante.


L'ingresso nel complesso e il suo cuore distributivo: i Propilei e il Vulcano
In ognuno dei volumi edificati si doveva affrontare uno dei temi chiave
dell'introduzione agli scavi, scelti con il Soprintendente: l'accesso o i Propilei, il Vulcano, la Sala dell'Archeologia, la Sala dell'Antichità
e la Sala del Tempo.
Entrando nei Propilei, i visitatori si sarebbero trovati in un grande spazio longitudinale tra la città moderna e il cuore del pianoro: questo era lo spazio dei servizi e dell'accoglienza. Nel percorso centrale dei Propilei, grazie alle nuove tecnologie visive e sonore, si sarebbero viste immagini della città archeologica in proiezione, mentre voci nelle più diverse lingue – contemporanee e antiche – avrebbero declamato frammenti di storie e citazioni su Pompei.
Dai Propilei
si sarebbe passato al cuore distributivo del complesso, lo spazio centrale del Vulcano. Il racconto doveva vertere sul tema della natura che irrompe nella storia, il vulcano che cancella la città e crea il mito di Pompei. La luce naturale, proveniente dall'oculo in chiave alla cupola di copertura, doveva diventare materia di interpretazione artistica. In una corona di piani inclinati ricoperti di lapilli vulcanici – gli stessi lapilli che avevano sepolto la città – si proponeva di disporre i calchi ottocenteschi dei cittadini pompeiani
al momento della loro morte.
Archeologia, antichità e tempo
Nella Sala dell'Archeologia, il primo dei tre ambienti laterali, si doveva raccontare la storia della disciplina
e le sue più recenti tecnologie. Interpretazioni di diversi artisti visivi si dovevano avvicendare in questo spazio per poi costruire un archivio della memoria archeologica contemporanea su Pompei.
Nella Sala dell'Antichità, si sarebbero presentati ai visitatori i grandi miti dell'antichità, e i loro risvolti nel presente. I linguaggi dell'arte visiva dovevano riportare i temi mitologici della civiltà greco-romana alla contemporaneità, mostrando come negli affreschi, nelle storie della città archeologica si ritrovavano le stesse vicende umane dei nostri tempi.
La Sala del Tempo
doveva ospitare un'installazione artistica di Gianandrea Gazzola. Nella sala rettangolare, immersa nella penombra, un fiume di sabbia vulcanica grigia doveva scorrere lentamente in un alveo sopraelevato, illuminato dall'alto.
Una macchina scrittoria doveva incidere questa superficie in movimento: una serie di vomeri, lame a pettine, punte di stilo, con movimenti articolati avrebbero disegnato sulla cenere, sfiorandola o incidendola. Il nastro di cenere doveva poi procedere verso il capo opposto della sala, dove sarebbe stato inghiottito e riportato alla sorgente.
Dallo spazio centrale si dovevano dipartire tre discese pedonali per gli scavi. Nelle discese, avvolte da uno spazio naturale reinterpretato da artisti e paesaggisti, si sarebbe incarnato il momento culminante dell'esperienza: l'incontro con la città antica.
Il progetto del prologo alla visita degli scavi è stato ad oggi realizzato solo in una sua prima parte: il volume dei Propilei
e le strutture fondali e in elevazione della Sala del Tempo.

